QUADERNI DI ECOLOGIA MENTALE

QUADERNI DI ECOLOGIA MENTALE

Tecnologie, Comunicazione, Psicopatologie

Work in progress

In fase di completamento la bozza del libro di Fabrizio Ciappi e Riccardo Mario Corato

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IN MEMORIAM – LA PANDEMIA DELLO SCIENTISMO

Lettera a Fabrizio Ciappi nel secondo anniversario della sua scomparsa.

Riduzionismo scientifico, economicismo e conflitti d’interesse in medicina

Caro Fabrizio, tutto è cambiato da quando il mondo, pochi mesi dopo la tua scomparsa, ha scoperto il nuovo mostro pandemico, un virus dal nome criptico, un acronimo scientifico-militare – COVID-19 – contro il quale, a sentire i media, l’umanità intera è entrata in guerra.

“La politica fa quel che dice la scienza” è il nuovo mantra mediatico, ossessivo, martellante, riproposto orwellianamente a ogni ora del giorno e della notte.

Ho ripensato a tutti i ragionamenti sulla semplificazione, la sparizione del tempo, il progressivo impoverimento del pensiero e del linguaggio, ai temi di fondo del nostro libro.

Gira e rigira, torniamo sempre lì.

Nel giugno 2020, l’amico Rino Di Giorgi esprimeva molto bene il nostro comune sentire pubblicando questa semplice riflessione nel nostro gruppo WhatsApp: 

Spesso mi capita di pensare: “Chissà cosa direbbe Fabrizio in questa circostanza?”

Per una singolare o forse non troppo singolare coincidenza, nei tuoi ultimi giorni di vita abbiamo parlato anche del ripetersi di influenze virali da mutazioni intraspecifiche.  Le definivi “malattie di contesto” (ecologico, sociosanitario, culturale) e non mostravi alcuna fiducia nelle strategie “problem solving” dell’industria farmaceutica che anzi, attraverso lo stratagemma della medicalizzazione di massa e dell’iperconsumismo di farmaci, consideravi come il vero strumento della privatizzazione dei sistemi sanitari pubblici. Soprattutto eri preoccupato per la completa sussunzione della scienza agli interessi della tecnologia consumistica e per la deriva “scientista”, e cioè riduzionista, dogmatica e banalizzante, della sua rappresentazione sociale.

Non ti stancavi, infine,  di ricordarmi la grande differenza fra scienziato e medico.

Mentre il primo vive all’interno delle certezze di un mondo paradigmatico e razionale regolato dalle leggi della ricerca e della verifica logica e sperimentale, il secondo vive invece della continua incertezza ma anche dell’infinita ricchezza delle sue relazioni con i pazienti, nel quadro etico del Giuramento di Ippocrate.

Sembra insomma che, nell’attuale evenienza pandemica, l’equivoco più grande consista proprio nel confondere scienza e medicina, pensiero scientifico e pensiero medico, agire scientifico e agire medico.

Ho pensato perciò che potesse essere utile proporre, qui in anteprima fra pochi ma fedeli amici e compagni d’arme, una sintesi di uno dei Quaderni chiave del libro. Un capitolo tratto da quella tua memorabile relazione introduttiva al Convegno internazionale “I linguaggi della mente” organizzato a Umbertide nell’ottobre del 1992, “Le stanze del pensiero medico”, intervento che abbiamo ampiamente rivisitato e arricchito nell’estate del 2018.

La salute è un progetto politico

Prologo

Introdurre, nel senso di far sì che si possa entrare nel tema, è da sempre un’opera molto ardua.

Proveremo perciò a svolgere tale compito partendo da un’emozione.

Il ricordo della lunga battaglia per la Legge 180 e di tutta l’opera teorica anticipatrice la riforma.

Negli anni Settanta partimmo, assieme a molti altri. dal punto più   debole della medicina, dalla psichiatria dei manicomi, dalle sale di  aspetto in attesa del “progresso neopositivista” tecnologico e della    ricerca biomedica, con un pensiero forte.

Un pensiero scientifico e  politico, una presa di posizione che poteva apparire utopica, ma che invece si è realizzata in modo concreto e, nonostante tutto, irreversibile.

Un approccio rivoluzionario.

L’invenzione che rende possibile curare anche il malato più grave senza segregarlo, rispettandone i diritti alla malattia, alla cura e alla cittadinanza, alla relazione e al dialogo. Anche l’apparente non senso ha un senso. Anche chi sembra non pensare, sta pensando.

E’ competenza nota dei sistemi viventi umani quella che li vede costretti/liberi di conoscere per vivere e viceversa.

Tutto si pone in uno spazio di relazione e in un tempo di rapporto in cui il pensiero medico incontra il pensiero del malato. Anche quando si fa ricerca, sia essa storica che scientifica, ai confini delle attuali forme di patologia, anche di quelle più terribili: la schizofrenia, il cancro, l’AIDS o [la pandemia virale].

Un cambio di paradigma.

La malattia è una competenza strutturale del sistema vivente umano, volta a mantenere il più possibile protetta la sua organizzazione, la sua grammatica, per non farlo cambiare di stato: la morte, il passaggio da individuo ad ambiente per altri individui. Malattia come difesa estrema e radicale per continuare a conoscere e a pensare, anche se sappiamo che tale difesa può avere un esito incerto.

Le cinque forme del pensiero (o modi di organizzare il mondo).

Certo si può convenire con Gerald Edelman, Premio Nobel della medicina, sul fatto che la scienza sia uno dei più importanti risultati raggiunti dalla coscienza umana e forse la massima conquista culturale comune. Si può anche dire però che la concezione scientifica, per quanto grande, derivi da altri ingredienti culturali e non li imponga.

La scienza è solo una parziale esperienza della coscienza che può organizzare l’esperienza, la novità, la malattia, anche in altre forme altrettanto nobili se risultano utili.

La magia, il sacro, i miti possono sempre venire in soccorso e convivere con il pensiero scientifico all’interno di una comunità.

Pensare in medicina.

Il ricordo di un medico, da poco rientrato dalla Somalia, descriveva un bambino con la scrofolosi da lui e dai suoi   colleghi ben curato con gli strumenti della medicina ufficiale. Nello stesso tempo altri bambini erano altrettanto ben curati dallo sciamano con piccole scarnificazioni sulla fronte.

Si apre un tema che è tutto da svolgere. Mito, magia, religione,   scienza e “psicopatologia”: ecco i cinque modi di organizzare il mondo, le cinque forme del pensiero del sistema vivente umano.

La salute è un progetto politico.

La situazione di oggi, la tendenza generale è quella di ridurre la capacità di pensare.

Si sostituisce al pensiero la rendicontazione, alla fantasia, all’invenzione, alla creazione possibile di nuovi mondi, la freddezza delle cifre che porta – come paradosso – a “ragionare in medicina”, non nel senso di parlarne ma in quello, letterale, della mera ragioneria.

“Per poter volare occorre correre contro il vento”.

Pensare in medicina è occuparsi di salute? Occuparsi cioè di come salute e malattia si sono articolate nella storia e vengono oggi identificate?

Se è così, allora questo è un compito politico.

La salute, oltre ogni definizione data, resta un’utopia o meglio, come direbbe Heinz von Foerster, una atopia.

Non sta da nessuna parte, non ce n’è mai abbastanza se per salute si intende libertà, moltiplicazione delle dipendenze per essere autonomi, capacità di utilizzare tutte le risorse date all’uomo dalla sua evoluzione.

É il progetto politico che governa una comunità locale, nazionale o mondiale che decide della quantità.

La qualità poi riguarda i vissuti e i desideri di ognuno, l’ineffabilità degli incontri.

Allora pensare in medicina è condurre un ragionamento politico attorno alla salute, alla sua promozione e alla prevenzione di possibili  danni.

Ecologia della politica, ecologia del benessere, parole e pensieri difficili da esprimere in questi momenti. Sono stati svuotati e non sono più stati riempiti di significato e di  senso.

Un sistema chiuso che produce infinite combinazioni di senso.

Pensare in medicina rimanda al suo oggetto, al pensiero, al contenuto o ai contenuti di questa struttura  formale.

Il prodotto della attività dei cento miliardi di neuroni e del milione di miliardi di connessioni sinaptiche che abbiamo in testa è il pensiero.

Pensiero e linguaggio, sulla base dell’organizzazione sociale e degli scenari culturali di ogni determinato contesto storico, si articolano in contenuti di senso, in oggetti mentali, in costruzioni di mondi, in invenzioni.

Oggi il pensiero in medicina non si esaurisce dentro il discorso medico, non è più appannaggio della ricerca mirata e imprigionata di questo o quel laboratorio di biologia sperimentale o applicata.

Non è più possibile ricercare le radici della vita e quindi anche della malattia, affondando l’occhio oltre il vivente, nelle sue determinanti  fisiche e chimiche.

I sistemi viventi sono sistemi di relazioni che pur partendo dalle lettere del loro alfabeto, per necessità chiuso, si articolano attraverso regole di combinazioni in una straordinaria varietà di contenuti di senso, sano o patologico.

Un infinito in forma finita.

La riflessione in medicina non è più appannaggio dei tecnici abilitati all’esercizio di questa professione.

Epistemologia, ecologia, principio di indeterminazione, teorema di incompletezza, processo stocastico ed epigenetico, equilibrio omeostatico, soglia dell’ansia, perturbazione e compensazione, darwinismo neuronale, cibernetica del secondo ordine…. sono solo  alcune delle discipline, dei paradigmi e delle nozioni che accompagnano il pensiero medico oggi.

Sempre di più gli incrementi del sapere, la discontinuità nella continuità del discorso scientifico delle discipline biomediche, nascono in altre zone della conoscenza.

Si tenta di colmare l’ignoranza dell’ignoranza di fenomeni, di strutture non note, con invenzioni realizzate in aree anche molto, molto lontane dai territori di applicazione della medicina e della clinica.

Le fibre ottiche e i sistemi di puntamento, i raggi laser e le teorie della comunicazione, ad esempio, sono nate e si sono affermate per scopi altri da quelli relativi alla cura delle malattie. Anzi gli scopi erano spesso molto diversi.

Le ricadute di tali conoscenze permettono oggi al malato di ernia di entrare in ospedale di prima mattina e di essere a casa per il pranzo. Un’operazione di splenectomia si risolve in tre giorni e richiede due operatori, mentre prima occorreva una degenza di 15 giorni e l’intervento di cinque medici.

Riduzionismo, economicismo e aziendalizzazione.

Contro ogni logica previsione questo “risparmio” ha fatto, stranamente e inevitabilmente, aumentare i costi della gestione pubblica della salute.

Probabilmente causa l’introduzione dell’interesse e del profitto privato all’interno dell’istituzione sanitaria pubblica – i produttori di  tecnologie avanzate e di farmaci sempre più “evoluti” – è sembrato più efficiente concepire l’ospedale come un’azienda (stipendi dirigenziali compresi).

L’aumento vertiginoso dei costi e l’impoverimento complessivo del servizio ci insegnano però quanto impropria e improvvida sia stata la scelta di aziendalizzare la salute.

Come d’altronde è avvenuto per la scuola e l’università e, in generale, per la gestione della res publica e il mondo delle arti e dei mestieri, delle professioni.

L’egemonia culturale del privato sul pubblico.

Si diceva che la salute non ha prezzo, essa va invece considerata come l’indice di civiltà di una popolazione.

Si può dire ora purtroppo che ogni vita ha un prezzo il quale, una volta aziendalizzato, determina una sospensione del pensare in medicina.

D’altronde le teorie di uno stato neoliberista – perdonerete la digressione – non prendono in considerazione almeno un terzo della popolazione, condannato a non avere mai né potere né ricchezza.   Figuriamoci istruzione o salute.

Ma se torniamo all’esempio dell’ernia e della milza e alle ricadute della conoscenza trans-disciplinare, vedremo che esso introduce un altro spiraglio di riflessione.

Descrizione semplice o semplificazione?

Quello della brevità della descrizione, della descrizione semplice. che non è sinonimo di semplificazione.

Einstein disse un certo giorno “E = MC2 “; questa è una descrizione semplice che però contiene l’universo al suo interno, e rimanda a un infinito di processi che non possono essere disconosciuti.

Pensare in medicina è tutt’altro che semplificare, anche se occorre pervenire a descrizioni semplici.

Il Sistema Vivente Umano.

Il sistema vivente umano è, come dice Edgar Morin, una macchina   virtuosa capace di rispondere a ogni perturbazione, a ogni aggressione sul piano organizzazionale, con una struttura che non è altro che una compensazione.

Quindi perturbazione e compensazione distinguono il vivente dall’input/output della macchina banale.

La compensazione è volta a salvaguardare il divenire del sistema, la sua sopravvivenza, la continuazione del sua itinerario di conoscenza.

Organizzazione e struttura sono descrizioni semplici, non semplificazioni, sono concetti esplicativi del vivente, sano o malato.

L’organizzazione è il sistema grammaticale combinatorio che è invariabile all’interno dei suoi equilibri di fluttuazione. Questi equilibri, per dirla con Prigogine, sono raggiunti per essere subito disfatti e ricostituiti in modo ricorsivo.

Le strutture sono possibilità infinite in un universo finito per rispondere alle perturbazioni del vivente.

Una saggia struttura.

Ciò che siamo abituati a chiamare malattia è una struttura saggia, sperimentata in centinaia di milioni di anni della nostra storia naturale, che risponde ad una perturbazione rispetto alla quale il sistema vivente non sarebbe riuscito ad evitare il suo limite: il cambio di stato, la morte.

E continuando a procedere nell’universo del pensiero medico mi viene necessario sottolineare che questo pensiero non è un assoluto.

E’ riferito a questo momento storico, politico, culturale, a questo pensiero scientifico che prevede la costituzione di una epistemologia del malato, costruita nel rapporto con chi ha la competenza e il dovere di occuparsene.

Ritorna qui l’emozione e il ricordo dei nostri anni di lotta per la 180, degli studi e dei discorsi febbrili, delle intuizioni e delle anticipazioni comuni.

Pensare per malati e non per malattie.

[Mai come oggi è necessaria] una critica radicale alla rappresentazione “naturalistica” delle malattie che si manifestano aggredendo il corpo, come in una lotta senza fine tra il bene e il male. [La guerra contro il virus, ad esempio].

La malattia come colpa, come peccato, come giusta condanna per chi non si attiene ai principi dell’educazione sanitaria, dell’igienismo più retrivo e integralista.

E qui il pensiero lucido e fecondo di Mirko Grmek, storico della medicina: ragionare per malati, non ricercare similitudini ma differenze rispetto ai quadri nosografici sanciti dalla nosografia ufficializzata nella storia di un pensiero medico. Non del pensiero medico.

Si parlava di salute e si introduce il concetto di norma che diventa normativa, prescrittiva di comportamenti normali. Questo vale in particolare in psichiatria.

Si sa per fortuna che il comportamento umano non è prevedibile.

Ma questo, paradossalmente, non vale per il pensiero medico: stabilire parametri di normalità, astorici, a-personali e anche poco scientifici, finisce per scaricare sulla testa e sul corpo del malato qualsiasi responsabilità, permettendo alla sperimentazione medica di aprirsi alle più stravaganti bizzarrie.

Nel secolo scorso, in Bologna la dotta, si era pensato, nella Scuola di Malpighi, che una possibile terapia per la schizofrenia potesse consistere nell’amputazione dell’alluce.

Scienza – magia – superstizione e quant’altro si ripresentano sul teatro della eterna rappresentazione fra la vita e la morte, fra la farsa e la tragedia.

Farsa e tragedia dei poteri forti e consolidati dell’accademia, dell’ordinamento delle università di medicina tese a salvaguardarsi con la moltiplicazione delle iperspecializzazioni, il consolidato delle caste così lontane dalle realtà della sofferenza. Il potere degli apparati deciso sul numero di spazi e di letti occupati, aldilà di ogni progetto volto al benessere, la difesa delle appartenenze che disconosce i valori di  riferimento, vero oggetto di pensare in medicina.

Pensare è svelare, togliere le coperture di falsa ideologia e di reale gioco di potere che consentono il perpetuarsi dell’esistente, di certo non negli interessi dei malati.

Cinque straordinarie proprietà.

Il sistema vivente umano nasce con cinque interruttori biologici: la fame, la sete, il sonno, la sessualità che lo apre al mondo, il bisogno di conoscenza, la pulsione epistemofilica che gli permette di vivere.

La cultura, le forme e i contenuti del pensiero, il linguaggio fanno presa su questi cinque interruttori e li ridefiniscono in modo assoluto.

Può accadere che l’interesse dell’altro, in questo processo di ridefinizione, diventi il mio bisogno, che può essere anche il bisogno di  malattia, come riconoscimento di uno status altrimenti assente e destrutturante.

Il sottosuolo.

Oggi, grazie ai processi e agli strateghi della aziendalizzazione, ci hanno ridotto a lavorare nel sottosuolo.

All’epoca dell’applicazione della Legge 180 e del suo governo da parte della pubblica amministrazione il 100% dei fondi stanziati per la prevenzione sociale della salute andava alla Psichiatria. Oggi (non a caso operiamo nelle cantine), con il “governo” delle Aziende Sanitarie, la Psichiatria rappresenta solo lo 0,5% del loro bilancio annuale. La prevenzione sociale e l’assistenza territoriale sono  pressappoco nelle stesse condizioni in tutto il Sistema Sanitario Nazionale.

È forse normale che in cantina siano nascosti i temi più difficili: la  cronicità, l’invenzione burocratico-amministrativa della lungo-degenza o della lungo-assistenza, i nodi della riabilitazione, dei quadri patologici che accompagnano l’umano per tutta la sua biografia.

E non dimentichiamo che nel prato antistante queste cantine duellano, non solo all’alba di oggi, i due irriducibili nemici, il sociale e il sanitario che, invece, nell’intento dei padri della riforma del Servizio Sanitario Nazionale, non avrebbero certo dovuto trovarsi su fronti così avversi ma, anzi, interagire e integrarsi nell’interesse pubblico.

Ancora non si conosce l’esito del duello che ogni volta va in riedizione.

Esso rispecchia la dualità mente-corpo, parola-silenzio, contrattualità e assenza di potere.

La malattia e il rito medico garantiscono che questi problematici processi rimangano sullo sfondo.

La figura in superficie diventa il sintomo, il corpo malato oggetto della clinica, oppure la mente malata della quale provano a riappropriarsi i fautori dell’elettroshock e delle varie forme di “contenzione”.

Fuor di metafora.

Theodor Adorno afferma che presentare processi della grande industria come conflitti fra erbivendoli truffaldini è un procedimento adatto a provocare uno shock di breve durata, ma non certo un dramma dialettico.

La rappresentazione del tardo capitalismo con immagini tratte dal mondo agrario o da quello criminale non fa emergere nella sua brutale evidenza la mostruosità della società attuale, della sua straordinaria capacità di mistificazione e camuffamento mediante fenomeni e strumenti pervasivi e complessi.

Così si interpreta la presa del potere da parte dei più forti in termini in fondo molto innocui, come il complotto o la macchinazione di racket al di fuori della società – magari da parte di sanguinari terroristi, feroci scafisti, cinici caporali,  laboratori virali, finanzieri perversi o persino di ONG – e non come compiersi della società in sé.

Per finire, forse il più noto degli aforismi di Karl Kraus:

“Tutta la vita dello stato e della società è fondata sul presupposto che l’uomo non pensi. Una testa che non si offra in qualsiasi situazione come un capace spazio vuoto non avrà vita facile nel mondo.”

Insomma, nonostante tutte le difficoltà della vita (e della storia), è indispensabile continuare a pensare.

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IN MEMORIAM – PSICHIATRIA DEMOCRATICA PER FABRIZIO CIAPPI

Fabrizio Ciappi: un protagonista della riforma psichiatrica

Cesare Bondioli su Psichiatria Democratica
21 novembre 2019

E’ scomparso ieri Fabrizio Ciappi, psichiatra, uno dei protagonisti della riforma psichiatrica precedente e successiva alla Legge 180 e compagno di strada, per lunghi anni, di Psichiatria Democratica.

Fabrizio, dopo una breve, significativa, esperienza all’Ospedale Psichiatrico di Arezzo dove da poco era giunto come Direttore Agostino Pirella, era rientrato a Perugia nella cui Provincia si è poi declinata la sua attività come Direttore del Centro di Igiene Mentale di Città di Castello che sotto la sua conduzione era diventato un punto di riferimento della riforma anche a livello nazionale e come direttore del D.S.M della USL 1 della Regione Umbria.

In questa diuturna attività ha contribuito, avendo la capacità di coniugare lavoro pratico e riflessione teorica, ad elaborare il movimento antimanicomiale umbro a fianco di Ferruccio Giacanelli, Carlo Manuali, Tullio Seppilli: su questa epoca del movimento si vedano i Quaderni della Fondazione Angelo Celli “Per una storia della riforma psichiatrica in Umbria”.

Del suo impegno costante per l’attuazione pratica della riforma rimane testimonianza nel volume di cui è stato coautore insieme a Bruno Benigni, Giuseppe Germano e Paolo Martini “Il nuovo servizio psichiatrico” (NIS, 1980) che è diventato da subito un testo di riferimento.

Della Riforma, Fabrizio è stato un precursore, specie per quanto attiene al rapporto col “territorio” declinato nell’esperienza perugina in particolare attraverso un rapporto privilegiato tra servizi, amministratori locali e popolazione.

Su questo aspetto già nel 1973 poteva relazionare riferendo di una Assemblea del CIM di Città di Castello tra operatori psichiatrici, utenti, consiglieri provinciali e comunali, direttori didattici. In questa relazione, riportata nel volume “Autobiografia di un movimento 1961-1979” (UPI-Regione Toscana-A. Provinciale di Arezzo, 1979)”, Fabrizio così descriveva il suo approccio antropologico, oltre che tecnico, alla sofferenza mentale: “…come è possibile in un ambiente per quanto bello e funzionale esso sia, ma distaccato e quindi astratto rispetto alla realtà degli assistiti, ricostruire tutti gli infiniti processi a cui hanno partecipato infiniti protagonisti, che hanno avuto come risultato la malattia?… Se però il malato di mente continua ad essere un uomo…bisogna strapparlo a qualsiasi forma di oggettivazione ed impegnarsi con lui perché possa continuare ad usufruire della propria realtà e perché gli altri protagonisti (familiari, vicini, compagni di scuola e colleghi di lavoro, amici, ecc.) si impegnino insieme a noi a garantire e mantenere questa continuità umana. Noi non sappiamo se questa è ancora terapia oppure se è superamento. Però sappiamo con certezza che è premessa indispensabile e che è anche realizzabile…operazioni diverse da questa si traducono immediatamente (ed il manicomio ne è la conferma brutale) in una serie di atti di violenza che non hanno altra funzione se non quella di aggiungersi alle originarie difficoltà di vita”.

In questa epoca di tecniche psichiatriche sempre più invadenti ci manca e ci mancherà questa antropologia e lucidità di Fabrizio Ciappi che in un altro suo intervento, scritto nel 1982 insieme a Vieri Marzi e Paolo Tranchina (altri compagni di cui sempre acutamente sentiamo la mancanza), citando Peter Weiss – “stiamo vivendo nell’ideologia del tramonto delle ideologie che darà il potere in mano ai militari” – concludeva: non a caso si sta sviluppando la controffensiva delle tecniche.

Arezzo 21 novembre 2019
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Seminario sulla Salute Mentale

Seminario sulla Salute Mentale – Revised Draft 2005 – 2014

Il processo di ingabbiamento psicopatologico a livello neurochimico, morfofunzionale e fenomenologico nel quadro epistemologico del DSM IV – TR e nell’attuale contesto sociale ed epidemiologico.

Il presente progetto didattico è stato approvato dal Ministero della Sanità il 5 luglio 2005 come Seminario valido per i crediti in Educazione Continua in Medicina ed ha costituito la base di un primo ciclo sperimentale di Seminari ECM dedicato a farmacisti e medici di base realizzato nell’ottobre del 2005 in Umbria.

I Quaderni Multimediali di Ecologia Mentale sono un progetto editoriale di Fabrizio Ciappi e di Riccardo Mario Corato.

Oggetto d’indagine dei Quaderni è una possibile epistemologia del sistema delle comunicazioni di massa e delle reti multimediali e dei suoi effetti sui bambini, adolescenti e adulti in termini di linguaggio, pensiero e apprendimento.

Più in generale l’obiettivo dei Quaderni è la “formazione dei formatori” attraverso un percorso di formazione critica trans-disciplinare per chi opera nel mondo delle istituzioni sanitarie, educative e dell’informazione.

Il Seminario sulla Salute Mentale costituisce la prima pubblicazione della collana editoriale dei Quaderni.

Il Seminario è dedicato alla formazione ECM dei Medici di Base, dei Farmacisti, dei Medici Psichiatri e degli Psicologi e, più in generale, degli Operatori Socio-sanitari pubblici della Salute Mentale e del III Settore.

Il progetto didattico stato approvato dal Ministero della Sanità il 5 luglio 2005.

La presente dispensa verrà successivamente resa disponibile in forma multimediale per favorire la consultazione online e la formazione a distanza (e-learning) e per permettere l’accesso, la consultazione e il contatto con la rete terapeutica specialistica del SSN e con le strutture socio-sanitarie e riabilitative della Salute Mentale.

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About

Background

This blog is part of a long-lasting work of research and study about the current, unprecedented development of Information and Communication Technologies as a possible context for facilitating the growth of psychopathology in today’s society, especially among the younger generations.

The authors, Prof. Fabrizio Ciappi & Riccardo Mario Corato, started working together on this matter in 1994, when they created a first audiovisual publication, “Education, Identity and Knowledge”, as part of a campaign against drug addiction among young people commissioned by an Italian Public Authority.

The trans-disciplinary approach of their research has been made possible by the “merging” of the two specific areas of competence and experience of the authors, neuroscience and psychiatry (Ciappi) and multimedia communication (Corato).

Their work is based on the concrete clinical experience of the Department of Mental Health of the Region of Umbria in Italy, and on the monitoring, classifying and decoding of media contents in terms of language impoverishment, simplification of reality and deterioration of sense.

Methodological aspects

The progress from the sociological study (sociology of communication and media) to the medical and anthropological analysis of the individual and social behaviour was essential to better understand an epidemiological context that now concerns the entire population, not only the so called “groups at risk” (children, adolescents, deviants, marginalized, elderly, etc.).

It was a major breakthrough in terms of increasing knowledge and critical skills capable of facilitating the development of possible strategies to reduce the human and social cost of such epidemiological patterns.

It must be outlined that, from a methodological, logical and epistemological point of view, in the analysis of the possible motivating factors of psychopathology, this research does not utilize deterministic criteria but, instead, those of “circular causality”, “stochastic process”, “homeostatic balance and perturbation” and other concepts typical of complex systems like the Human Living System.

From “cause-effect” to “context-risk” or to “context-opportunity”.

From Aristotle to the Cybernetics of II level.

Notice

It is important to note that all possible “exit strategies” hypothesized in this research have been based on avoiding the demonization of media and information technologies or, of course, of causing feelings of guilt among young people or adults suffering from any form of personality disorders.

The authors have given particular attention to all those subjects that could be a primary vehicle of interest for youngsters – such as sports, games, music, cinema, photography, fashion, lifestyle, hi-tech, etc.

Prof. Fabrizio Ciappi

Neuropsychiatrist, former Director of the Mental Health Department ASL 1 of the Umbria Region in Italy and Professor at the School of Specialization in Psychiatry and Social Medicine of the University of Perugia.

He was among the founding members of “Democratic Psychiatry” and one of the authors of the “Law 180” of May 1978, an Act of Parliament that profoundly reformed psychiatry in Italy, closing down the “prison-like” mental hospitals and switching psychiatry from a repressive branch of medicine to the broader concept of mental health as a fundamental right and a major social objective.

Professor Ciappi started his medical career at the Mental Hospitals of Arezzo and Perugia before moving on to the Regional Mental Health Department, of which he eventually became Director.

In more than thirty-five years of clinic and scientific activity, Professor Ciappi has participated in many Seminars, Conferences and Publications on Psychiatry, Neuroscience and Epistemology, working with such famous scientists and intellectuals as Oliver Sachs, Edgar Morin, Henry Atlan, Heinz von Foerster, Ilya Prigogine, Douglas Hofstadter and many others.

He is currently working with Dr. Riccardo Mario Corato on a scientific publication about their long-lasting research on mental health in today’s hyper-media context. The book has the following working title:

“Notebooks of Mind’s Ecology”

The process of the psychopathological entrapment at neuro-chemical, morphological and functional level within the epistemological framework of the DSM IV and the current social and epidemiological context.

Riccardo Mario Corato

Riccardo Mario Corato started to work in the field of communications in the early seventies, after studying Humanities and Philosophy at the University of Rome.

From 1981 to 2001, Corato headed Network International, a company specializing in integrated communication strategies based on the production, sponsorship and promotion of major international cultural, social, music and sport events.

In 2003-2004 he was Visiting Professor of Performing Arts and Communication at the University of Rome, where he experimented with a new pedagogic method called “Productions as Lessons”.

He is also co-author, together with Professor Fabrizio Ciappi, of a Continuing Medical Education (CME) programme dedicated to the relationship between media communication and mental health.

Concentrating on educational, scientific and cultural multimedia strategies and programs, Corato has spent recent years analyzing the feasibility of new forms of “socially responsible communication”.

His current multimedia educational project “Madeleine©”, based on preserving cultural heritage and social memory, is addressed to teenagers and their young parents, as well as to teachers and educators.

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IN MEMORIAM – Buon Compleanno Fabrizio!

Auguri, caro Prof, con oggi sarebbero 77 candeline e quasi tre anni da quando ci hai lasciato, troppi per noi e per tutti quelli cui ancora manca il tuo affetto, la tua competenza e la tua generosità.

Quanto al libro, l’arduo compito che mi hai lasciato, vengo subito al punto.

Per due lunghi anni sono rimasto al palo, come paralizzato, incapace di fare progressi e portare a compimento una bozza che nelle nostre ultime chiacchierate pensavamo fosse praticamente terminata.

Brancolavo nel buio e stavolta non potevo più chiederti aiuto per capire, elaborare le perturbazioni, superare le difficoltà.

Poi, come sempre, il caso.

Ti ricorderai sicuramente di Gianfranco Fiore, il regista di Blu Cobalto e del nostro originale video sulla lotta alle tossicodipendenze, cinephile appassionato, tra gli autori di Blob, drammaturgo e amico carissimo da tempo immemorabile.

Se n’è andato quest’anno, a gennaio, dopo una lunga e debilitante malattia. Negli ultimi due anni lo sentivo spesso, soprattutto per sapere della sua salute.

Gianfranco sapeva della nostra impresa e aveva lavorato a lungo con noi. Un giorno mi chiede del libro, a che punto ero, se l’avevo finito. Gli racconto la verità, del fatto che m’ero bloccato, che non avevo più fatto passi in avanti dopo i primi concitati mesi seguiti alla tua scomparsa.

All’improvviso Gianfranco mi interrompe, mi fulmina con un’osservazione, una metafora di quelle che tu avresti molto amato e, a modo suo, mi “allarga il contesto” con riflessioni, consigli e suggerimenti.

” Ti ricordi quel celebre verso di Dante – E caddi come un corpo morto cade?

Ecco, questa è la tua situazione… Tu sei lì, come svenuto, atterrito, incapace di reagire… stretto attorno a un oggetto inanimato, un libro freddo e astratto, un pezzo di cristallo. Devi prendere atto che non puoi completare quel libro, in quella forma, ora che l’altro autore non c’è più. E’ come se avessi il tuo amico morto sempre accanto a te. Hai una sola strada per uscirne.

Devi parlare del tuo rapporto con Fabrizio e di come è nata e si è sviluppata quest’opera in oltre vent’anni. Senza il racconto del vostro incontro e della vostra lunga e originale amicizia non si capisce nulla e il libro così com’è appare privo di senso, un saggio scientifico freddo e distaccato, un meteorite caduto per caso sulla terra.

E’ sempre la relazione umana che conta, che spiega e che interessa. Abbi il coraggio dell’autobiografia, del metterti in gioco, non continuare a cercare la soluzione nel nascondimento e nella neutralità. Esci per un po’ dalla scrupolosa precisione del saggio scientifico ed entra nella ricchezza di senso della letteratura. Solo così riuscirai a finire l’opera e, risultato non di poco conto, a renderla più interessante e fruibile.”

Questo in sintesi il discorso di Gianfranco. Lì per lì mi procurò un forte turbamento. Poi, pian piano, esso servì a sciogliere i mille nodi nei quali m’ero aggrovigliato e a trasformarsi in un’eredità preziosa.

Fatto sta che da allora ho trovato la chiave per rielaborare e completare il libro. Certo ci devo lavorare parecchio, è in pratica una nuova edizione, ma almeno adesso so di nuovo cosa fare, il testo si sta arricchendo, il racconto diventa più fluido, i nessi fra i vari quaderni più comprensibili…

Sono sicuro che sarai d’accordo.

Un saggio scientifico sul nesso fra comunicazione e psicopatologia che è anche un libro sulla storia di un incontro e di una relazione.

Un libro sulla comunicazione umana come relazione, apprendimento, elaborazione, arricchimento reciproco.

D’altronde, non mi citavi sempre quel passaggio di Heinz von Foerster “[che è solo] identificandosi con l’altro che la comunicazione, l’etica e l’amore vengono a convergere nello stesso dominio” ?

 

Il prossimo punto lo facciamo a novembre, attorno al terzo anniversario del tuo viaggio verso l’infinito. Riposa in pace.

 

 

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IN MEMORIAM – LETTERA A FABRIZIO CIAPPI NEL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA SUA SCOMPARSA

Après moi, le déluge !
Louis XV, 1757

Caro Fabrizio,

esattamente un anno fa ci lasciavi per sempre.

Mai avrei pensato di ricordarti con la celebre citazione attribuita al Re di Francia Luigi XV, personaggio storico che, a parte il soprannome di “Bien-Aimé”, appare per mille ragioni parecchio distante da te e dalla tua generosa ed elegante discrezione.

Eppure, per una singolare e straordinaria coincidenza del caso, quella regale espressione è un po’ diventata la metafora della tua scomparsa.

Quante volte nel corso degli ultimi anni mi avevi parlato del rischio sempre più probabile che, nel contesto attuale caratterizzato da una vera e propria pandemia psicopatologica, un qualsiasi evento casuale avrebbe potuto scatenare una catastrofe.

Quella di oggi l’avresti definita una meta-pandemia, una pandemia della pandemia, una “malattia di contesto” nella quale il danno a progressione esponenziale è stato alimentato da una premeditata “sparizione del contesto” che ha finito col rendere indecifrabile e angosciosa la comprensione degli accadimenti.

La sparizione del contesto – la comprovata presenza da diversi decenni di mutazioni virali intraspecifiche legate alla gigantesca catena agroindustriale e agli allevamenti intensivi, il salvataggio dal fallimento del capitalismo globale a danno dei sistemi educativi, sociosanitari e di welfare a suo tempo duramente conquistati, la folle corsa ai consumi e al divertimento di massa con il loro conseguente disastroso impatto ecologico a livello ambientale e mentale… – ha finito col rendere improvvisa e inaspettata l’apparizione della pandemia, un imprevedibile “fenomeno naturale” al quale dichiarare “guerra” in una sorta di regressione filogenetica in “lotta-fuga”, tra pulsioni negazioniste e psicosi di massa.

Tutto questo, ne abbiamo discusso per anni ed è l’oggetto del libro che stavamo scrivendo e che con l’aiuto dei tuoi compagni d’arme di Città di Castello riuscirò finalmente a completare, è il frutto avvelenato dell’informazione dogmatica e ripetitiva, della semplificazione mediatica, del “furto del tempo”, della perdita progressiva di senso, del generale impoverimento del pensiero e del linguaggio.

Un contesto nel quale il collasso dell’apprendimento, e cioè dell’unica competenza che il sistema vivente umano possiede per il superamento delle perturbazioni della soglia dell’ansia, innesca sempre più pericolosi processi di causalità circolare, secondo uno schema ricorsivo nel quale gli “anelli di feedback” alimentano soltanto incrementi di angoscia.

Erano queste le ragioni per cui, profeticamente, nutrivi questo presentimento sull’esito catastrofico dell’attuale contesto storico e sociale.

Ma c’era anche dell’altro.

Confesso che talvolta facevo fatica a seguirti e a comprendere i nessi che stabilivi tra il “sociale” e il “sanitario”.

Mi parlavi con insistenza del possibile collasso di un sistema sociosanitario che aveva abbandonato progressivamente la cura del disagio mentale perché stava abbandonando ogni sistema di solidarietà e di “prossimità”, inseguendo il sogno prometeico e idolatrico delle mega strutture centralizzate, della tecnoscienza di farmaci, diagnostica e cure, della sanità-azienda.

Adesso, dopo un anno di pandemia, mi appare tutto più chiaro.

Soprattutto mi è molto più chiaro il nesso tra il fallimento della Legge 180 che tanto t’aveva logorato e angustiato e la progressiva sparizione dei poli sociosanitari di prossimità, fino al collasso del sistema.

Eri un uomo generoso e solidale ma anche un grande medico, ti è stato facile essere anche un buon profeta.

Conserveremo e onoreremo la tua memoria, Fabrizio, mai come oggi c’è bisogno della tua scienza e saggezza.

Riposa in pace, fratello e amico carissimo.

http://www.riccardocorato.wordpress.com
20 novembre 2020

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IN MEMORIAM – IO FO BUCHI NELLA SABBIA

Lettera a Fabrizio Ciappi del 7 ottobre 2020

Fra poco più di un mese sarà il primo anniversario della scomparsa di Fabrizio Ciappi, psichiatra e uomo di scienza, generoso e solidale.

Aveva lo straordinario dono di aprire le porte della speranza
a chi speranza non ne aveva mai avuta o non ne aveva più.

https://www.psichiatriademocratica.org/notizie/fabrizio-ciappi-un-protagonista-della-riforma-psichiatrica-cesare-bondioli/

Fabrizio e l’elogio della “perdita di tempo”

Conoscevamo entrambi la ballata “Io fo buchi nella sabbia”.

La conoscevamo perché era un vecchio cavallo di battaglia di Vittorio Gassman, parte di una memorabile antologia delle migliori interpretazioni del “mattatore” pubblicata dalla RAI negli anni Sessanta con un 45 giri della Fonit Cetra.

Talvolta, per farmi capire che dovevamo prenderci una pausa nell’interminabile lavoro di elaborazione e scrittura, rispondeva ai miei messaggi con un laconico SMS utilizzando proprio quell’ironico refrain di chiusura d’ogni strofa della ballata.

La poesia, di Ernesto Ragazzoni, talento semisconosciuto d’inizio Novecento, grande giornalista e poeta anarchico e scapigliato, piaceva molto a Fabrizio.

Per lui la ballata di Ragazzoni rappresentava l’elogio perfetto alla “perdita di tempo” intesa come antidoto al culto odierno della rapidità, del “multitasking” e dell’efficienza produttiva.

Prima di andarsene, ne ha voluta una strofa nella copertina o nel frontespizio del libro che stavamo ultimando.

Una scelta apparentemente in contrasto con il severo taglio scientifico che aveva voluto per il nostro saggio sui rapporti tra tecnologia, comunicazione e psicopatologia.

Ma Fabrizio, come sanno bene tutti coloro che ci hanno lavorato per anni, amava la metafora e il contrappunto e possedeva un’arguzia singolare ed acuta, sorprendente per un uomo di scienza schivo e riservato come lui.

E infatti il tema di fondo del libro era proprio quello del “furto del tempo” legato al ritmo incessante, ripetitivo, ossessivo, della moderna comunicazione mediatica.

Il tempo dell’elaborazione dell’informazione, e quindi dello sviluppo delle capacità di apprendimento e adattamento.

Il tempo necessario alla compensazione di un’eventuale perturbazione.

Il tempo della riflessione e della contemplazione, del “superfluo” di Sapiens.

Insomma, per Fabrizio Ciappi, la ballata “Io fo buchi nella sabbia” costituiva una metafora perfetta, per ricchezza di senso e attualità, sia nel contesto che stavamo analizzando sia, più generale, in quello psichiatrico.

Ii “prendere tempo” non era forse uno dei capisaldi di ogni sua strategia terapeutica?

Il “perdere tempo” non poteva talvolta contrastare efficacemente il soffocante abbraccio di un progetto di vita subìto, etero diretto, costruito sui sensi di colpa?

E infine, non era proprio sulla “perdita di tempo” che Sapiens aveva costruito il “sublime superfluo” della poesia, della speculazione filosofica o astronomica?

Ballata “Io fo buchi nella sabbia”

Se ne vedono pel mondo
che son osti… cavadenti
boja, eccetera… o, secondo
le fortune, grandorienti;
c’è chi taglia e cuce brache,
chi leoni addestra in gabbia,
chi va in cerca di lumache,
…………………………….
io fo buchi nella sabbia.

I poeti, anime elette,
riman laudi e piagnistei
per l’amore di Giuliette
di cui mai sono i Romei;
i fedeli questurini
metton argini alla rabbia
dei colpevoli assassini;
…………………………….
io fo buchi nella sabbia.

Sento intorno sussurrarmi
che ci sono altri mestieri…..
bravi; a voi! scolpite marmi,
combattete il beri-beri,
allevate ostriche a Chioggia,
filugelli in Cadenabbia

fabbricate parapioggia,
…………………………….
io fo buchi nella sabbia.

O cogliete la cicoria
od allori. A voi! Dio v’abbia
tutti e quanti in pace, in gloria!
…………………………….
io fo buchi nella sabbia.

Ernesto Ragazzoni

Ernesto Ragazzoni non fu un uomo celebre qualunque. Straordinario dissipatore di se stesso e del suo talento, fu il poeta dei buchi nella sabbia e delle pagine «invisibilissime» (cioè non scritte) .
La poesia di Ragazzoni si realizzò in gran parte fuori dal testo, nella vita del suo autore; come è accaduto per altri poeti della dissipazione di sé, la sua fama è arrivata fino a noi, nonostante la critica e quasi in assenza della critica, esclusivamente grazie ai lettori.

Dall’introduzione di Sebastiano Vassalli di “Buchi nella sabbia e pagine invisibili” edito da Einaudi

https://www.einaudi.it/catalogo-libri/narrativa-italiana/narrativa-italiana-del-novecento/buchi-nella-sabbia-e-pagine-invisibili-ernesto-ragazzoni-9788806150501/

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In the Blind Spot

norabateson

“If I told you that a flower bloomed in a dark room would you trust it?” -Kendrick Lamar

The revolution, the evolution is not going to be found in conference centers or seminars in 5 star hotels. It won’t be definable in righteousness or sanctimony.

The resonances will be and are where the pain has been–where there was no choice but to become unbreakable.

Where the scars are generations deep and sculpt into raw, sassy, funny, sexy, harsh, confusing.

Laser sharp intelligent literacy of metaphors; the messages wont be sterilized in direct instructional language. The (r)evolution is not a Lego set to assemble, it is alive.

The alchemy of change changes as it changes.

The logic of the current systems is not so useful for the task. It leads back to the academy, city hall and the bank. Those are not the places were unbreakable is made.

Look elsewhere.

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Produzione mediatica di senso ed inquinamento mentale

Notebooks of Mind's Ecology

Gennaio 2011

Produzione mediatica di senso

ed inquinamento mentale


di Fabrizio Ciappi e Riccardo Mario Corato


Premessa


Le note che seguono presentano, in forma molto sintetica, i risultati di un lungo lavoro di ricerca e di studio compiuto nell’arco di oltre 15 anni nel campo dei rapporti fra lo sviluppo dei mass media e delle tecnologie informatiche e la crescita delle psicopatologie nelle società capitalistiche avanzate.


Gli autori, Fabrizio Ciappi e Riccardo Mario Corato, vecchi amici e “compagni d’arme” sin dai tempi delle lotte per la chiusura dei manicomi e per la riforma Basaglia (Legge 180), si sono casualmente ritrovati nel 1994 in occasione della realizzazione di una prima pubblicazione multimediale, “Educazione, identità e conoscenza”, elaborata nel quadro di una campagna sociale per la lotta alle tossicodipendenze commissionata dall’Amministrazione Provinciale di Siracusa.


Da allora ha preso l’avvio la ricerca qui presentata, basata sia sull’analisi delle concrete esperienze cliniche del Dipartimento…

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Most Problems Today Were Once Solutions.

“(…) The excuse that to survive we must all take part in the socio-economic systems that are going to kill us is what my father, Gregory Bateson, called a double bind. Knowing that the way we are living is actually destroying not only our health but that of future generations, but doing it anyway, is very nearly a definition of addiction. (…) Nora Bateson

norabateson

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The time has come
The walrus said
To talk of many things:
Of shoes- and ships-
And sealing wax-
Of cabbages and kings-
And why the sea is boiling hot-
And whether pigs have wings.”
― Lewis CarrollAlice in Wonderland

Time has come and gone, and sits now at the window —watching. When I was a child I sat at tables of concerned and brilliant people who discussed the fate of the world with great passion. It was the early 70’s and publications were springing up around the globe to announce the need to change the way humanity was living with each other and the biosphere. The radical revolutionaries were penning beautiful texts on systems theory, cybernetics, ecology, new forms of education, steady state economics, and exploratory versions of non-violent democracies. It was quite clear at my dinner table in 1976 that there were a few basic steps…

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Je bois donc je suis: les mécanismes neurologiques des addictions | L’Avventura

http://lavventura.blog.lemonde.fr/2016/09/22/je-bois-donc-je-suis-les-mecanismes-neurologiques-des-addictions/

Pas mal, pas mal de tout.

Un’interessante descrizione divulgativa dei meccanismi neurologici e dei fattori contestuali che favoriscono/rafforzano le tossicodipendenze.

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