Natura e Cultura di Fabrizio Ciappi
Il sistema delle aporie
Da un lato il Sistema vivente umano viene al mondo accompagnato dal concetto di “neotenia” e quindi non è ancora pronto ad agire e a produrre sé stesso nel mondo.
Dall’altro l’utero materno prosegue in quello sociale, linguistico e istituzionale che costruisce “strutture” variabili fenomeniche e modificabili, a partire da una “organizzazione” invariante.
Le regole grammaticali che permettono alla organizzazione di articolarsi nelle infinite strutture sono quelle “linguistiche” di un dato momento storico e di una altrettanto data organizzazione sociale e culturale.
Genialità, stupidità, normalità, malattia, droga, ecc. sono strutture fenomeniche e variabili.
La salute è altro.
E’ un’atopia tendenziale di Sapiens.
Cinque straordinarie proprietà
I processi (e cioè l’ontogenesi e la storia dei soggetti) sono possibili perché il sistema vivente umano eredita dal divenire filogenetico cinque straordinarie proprietà che, assieme ai cinque sensi, costituiscono i soli luoghi di “interfaccia” con il mondo.
Chiamati nel tempo istinti o pulsioni, essi attengono al patrimonio genetico di ognuno, in ogni tempo e in ogni luogo e costituiscono l’unica opportunità di relazione/comunicazione (o chiusura) con il mondo (e con l’altro). Essi sono:
La Fame e la Sete che aprono alla conoscenza orale del proprio mondo e allo scambio energetico con l’ambiente.
Il Sonno che permette il ripristino della ridondanza del cervello di Sapiens per rispecificarla poi in nuovi apprendimenti.
La Sessualità che va oltre la garanzia del divenire della specie per aprire il sistema vivente umano al mondo, alla socialità, al bisogno dell’altro, alla bontà, alla verità, all’amore.
La Conoscenza che è l’ultimo acquisto della corteccia di Sapiens e fa coppia inscindibile con la vita. Si vive per conoscere, si conosce per vivere.
E’ un vincolo ineludibile per il sistema vivente umano, ma come ogni vincolo è anche strumento di assoluta libertà.
La secolarizzazione
La grande ricchezza di Bios – che, paradossalmente, senza istituzioni non diventa Sapiens anche se proprio attraverso queste può diventare Demens – si affaccia oggi in quella che i sociologi chiamano “società secolarizzata”.
La società secolarizzata ha perso il fine, il “telos”, non tende più a costruire il mondo migliore possibile per noi, per i nostri figli, per le generazioni che verranno.
La società secolarizzata dimentica che una parte consistente dei soggetti non avrà mai successo, fama e ricchezza.
Essa si basa sulla seguente regola fondamentale:
“Soltanto ciò che funziona sul mercato è giusto”.
La “democrazia globale” della Tecnologia e del Mercato non ha nemmeno più bisogno che il gruppo di potere si legittimi, né con il consenso, né con la corruzione o con la repressione. Per esercitare il dominio basta il controllo dei mezzi di produzione e diffusione sociale di nuovi bisogni “primari” indotti soprattutto attraverso l’affermazione di uno “scenario facilitante” rappresentato dall’abbattimento del “sacro” e dalla conseguente perdita di senso.
La secolarizzazione rappresenta oggi il massimo di “razionalità sociale”.
Sul piano soggettivo questo comporta il massimo della “irrazionalità” e i cinque doni del nostro cammino filogenetico possono diventare trappole mortali.
Porte attraverso le quali l’interesse dell’altro, del mercato e dei media che lo veicolano, diventa bisogno imprenscindibile per il sistema vivente umano: mode, modelli, stili di vita, miti, aspirazioni, abitudini alimentari e sessuali, sette, droghe, illusioni, sublimazioni, ecc.
L’omologazione
E’ costituita dalla ricerca di identità provvisorie nel gruppo di appartenenza occasionale (o in contrapposizione al gruppo).
Perdita di senso o meglio furto di senso nel momento in cui la storia e le biografie finiscono “nell’aldilà di Internet”.
Al furto di senso le risposte sarebbero variabili (grande è infatti la flessibilità di risposta e adattamento del soggetto).
Ma è di nuovo il mercato, veicolato da una potente e pervasiva macchina burocratica, mass-mediologica e distributiva, ad imporre le sue risposte: nuovi bisogni, modelli di status, scorciatoie facilitanti e ricette miracolanti in uno schema ricorsivo basato su di una sorta di eterna frustrazione compensata da merci e consumi che generano identità fittizie e quindi sempre nuova frustrazione.
Lo sballo, la trasgressione, i single, il successo, l’eterna giovinezza, la laurea breve, i ceti medio-alti, l’entertainment, il villaggio globale, l’onnipotenza della tecnologia, il tempo “reale” e quant’altro, sono solo le strutture fenomeniche più banali dei possibili livelli di risposta “drogata”, e cioè invariabile, suscitati o indotti dal mercato.
Sembra come se una cultura, quella più diffusibile perché di più facile consumo, quella ormai appiattita e frantumata del nuovo Millennio, sia diventata “antinatura”, soprattutto per quel che attiene al Sistema vivente umano.
Il nostro divenire è più che mai animato dalla duplice dinamica dello sviluppo delle scienze e dello sviluppo del mercato, che si alimentano a vicenda.
Questa dinamica diffonde sul pianeta lo sviluppo di questa civiltà industriale che a sua volta continua a sussumere la scienza al mercato.
Così da circa un secolo il mondo è guidato dalla tecno-scienza e “comunicato” in modi sempre più raffinati e globali.
Sono gli sviluppi e le espansioni della tecno-scienza che provocano gli sviluppi e le espansioni delle “comunicazioni”, delle interdipendenze, delle solidarietà, delle riorganizzazioni e delle omogeneizzazioni che, a loro volta, sviluppano una nuova ridondanza: l’era globale, “ultimo grido” in fatto di semplificazione omologante del mondo.
Sviluppi ed espansioni che provocano a loro volta controeffetti retroattivi come le balcanizzazioni, le eterogeneizzazioni e le risposte terroristiche, le disorganizzazioni, l’affermazione di mercati occulti (droghe, mafie, tangenti) o palesi (pubblicità, format televisivi, games) che contraddistinguono la crisi del momento attuale: il cracking sul pensiero e sul bisogno di conoscenza per vivere, ottenuto attraverso l’imposizione di disgiunzioni e riduzioni.
Tra i risultati più preoccupanti, l’attuale crescita esponenziale del disagio mentale e delle psicopatologie.
La riduzione del danno
Una possibile strategia di riduzione del danno psicopatologico a livello individuale e sociale, obbiettivo che va trasformato in scopo comunitario iscritto nel tempo, deve basarsi su quattro punti fondamentali.
• Il recupero del valore della “speranza di guarigione” e comunque, sempre, della curabilità.
• I soggetti coinvolti (individuali, familiari e istituzionali) non andranno mai colpevolizzati, stigmatizzati, repressi, esclusi o reclusi.
• Occorre prevenire, e cioè attivare un controllo sociale diffuso sul territorio, fatto di solidarietà, ascolto, conoscenza e assistenza: la creazione di reti formali e informali di riconoscimento e di intervento precoce, secondo l’eterno principio dell’allargamento dei contesti.
• Colmare il “buco” di senso, diffuso e incentivato,con un recupero della propria cultura e della propria storia (terra, radici, territorio, biografia, identità, soggettività, ecc.).
In altre parole, rimettere al centro, ripensare, recuperare il principio educativo inteso come percorso di emancipazione dall’iniziale neotenia e come strumento di incremento dell’autonomia.
La valorizzazione dei patrimoni che la conoscenza umana di ieri seppe costruire e quella di oggi ha il compito di riscoprire e valorizzare, può essere il progetto comunitario in grado di sfidare, alla luce del sole, le tenebre di coloro che teorizzano la fine della storia (e quindi la fine di Sapiens) per “congelare” tutto in Internet (sempre più rappresentabile con le metafore bibliche dell’idolatria del vello d’oro e della torre di Babele).
Fabrizio Ciappi
Neuropsichiatria, Direttore del Dipartimento di Tutela della Salute Mentale della ASL 1 della Regione dell’Umbria e docente presso la Scuola di Specializzazione in Psichiatria e Medicina del Lavoro dell’Università degli Studi di Perugia.
Membro della Segreteria Nazionale di “Psichiatria Democratica” sin dalla fondazione e fra gli estensori della Legge 180 nel maggio 1978, Fabrizio Ciappi ha operato negli Ospedali Psichiatrici di Arezzo e Perugia e, successivamente, nei Servizi Territoriali di Salute Mentale della Regione dell’Umbria.
In oltre trent’anni di attività medico-scientifica ha curato numerosi Seminari, Convegni e Pubblicazioni scientifiche a livello nazionale e internazionale, collaborando, tra gli altri, con scienziati ed epistemologi del calibro di Edgar Morin, Oliver Sachs, Henry Atlan, Heinz von Foerster, Ilya Prigogine e Douglas Hofstadter.